Il Taleggio è un formaggio di origini antichissime, forse anteriori al X secolo. Documenti risalenti al 1200 fanno riferimento ai commerci e agli scambi di cui era oggetto il Taleggio, insieme ad altri formaggi. Anche se non esiste una documentazione storica precisa, sembra che il nome Stracchino sia derivato dal termine dialettale “stracch”, cioè stanco, perché questo tipo di formaggio nelle vallate bergamasche, una volta veniva prodotto con il latte degli animali stanchi per il lungo viaggio di ritorno dai pascoli di alta quota. Il 30 ottobre del 1955, il Taleggio è stato riconosciuto come “formaggio tipico”.  Nel 1988, gli è stata conferita la Denominazione di Origine Controllata (Doc), mentre il 12 giugno 1996 ha ricevuto la Denominazione di Origine Protetta (Dop). La zona d'origine è la Val Taleggio, da cui deriva il nome del formaggio, in provincia di Bergamo. I valligiani avendo l'esigenza di conservare il latte eccedente il consumo diretto, iniziarono a produrre del formaggio che, una volta stagionato in "grotte" o casere di vallata, poteva essere scambiato con altri prodotti o commercializzato. Oggi la zona di produzione e di stagionatura del Taleggio è la Lombardia (nelle provincie di Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Lecco, Lodi, Milano, Pavia), il Piemonte (provincia di Novara) e il Veneto (provincia di Treviso).
Caratteristiche e fasi di produzione
Tipo di formaggio: a pasta molle, con stagionatura da 25 a 50 giorni. Gli attuali metodi di lavorazione si discostano poco dalle antiche tecniche. L'unica differenza sostanziale riguarda l'uso di fermenti selezionati, introdotti per ottenere un prodotto più costante e uniforme per qualità ed eliminare le forti percentuali di scarti che caratterizzava il prodotto a lavorazione artigianale. La materia prima è latte vaccino intero, generalmente pastorizzato. Viene portato in caldaia alla temperatura di 30-36°C, addizionato con lattofermento e infine con caglio liquido di vitello. Dopo la coagulazione e rottura della cagliata, realizzata in due fasi, la massa caseosa viene estratta e messa nelle fascere. Segue la stufatura in appositi locali, caratterizzati da una umidità molto alta (circa il 90%), per circa 18 ore. E' durante questa fase che avvengono i fenomeni fermentativi necessari alla eliminazione del siero e che si ottiene la tipica consistenza elastica della pasta. La salatura può essere a secco o in salamoia. La successiva fase di stagionatura, della durata di 25-30 giorni, viene fatta in ambienti caratterizzati da temperature tra i 3 e gli 8 gradi e un'umidità dell'85-90%. L'aspetto esterno è quello del parallelepipedo quadrangolare con lati di 20-25 cm, facce piane e scalzo di 5-7 cm. Il peso è di circa 2 kg. La crosta è morbida e sottile, di colore bruno chiaro rosato, spesso con macchie di muffa grigiastra. La pasta presenta una caratteristica doppia consistenza: è molle, leggermente filante e di colore giallo paglierino nel sottocrosta, mentre appare più compatta, friabile e di colore bianco all'interno. Il profumo è aromatico e quasi pungente nelle forme più mature. Il sapore è dolce, delicato, tendente all'acidulo o leggermente piccante nelle forme più stagionate. Elevato il valore energetico.

 


Dalmine, agosto 2014